Il 25 settembre 2019, la Corte Costituzionale si è pronunciata in merito all’Art. 580 del Codice penale, nella parte riguardante la punibilità dell’aiuto al suicidio assistito.
È fondamentale evidenziare che con questa sentenza non viene riconosciuto il diritto al suicidio medicalmente assistito, ma che viene individuata un’area di non punibilità per chi invece decide di accogliere la richiesta di solidarietà da parte di una persona che soffre, ma tuttavia è in grado di autodeterminarsi (autodeterminazione intesa come espressione della libertà positiva dell’uomo).
La Corte ha infatti determinato che non è punibile “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.
Le parole chiave di questa frase sono: autonomia decisionale, trattamenti di sostegno vitale, sofferenza intollerabile, e capacità di esprimere una scelta libera e consapevole.
La Corte prosegue subordinando (ovvero mettendo su un piano di stretta dipendenza) “la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle Cure Palliative e sulla sedazione profonda continua – articoli 1 e 2 della legge 219/2017-”; questo contestualizza e rafforza:
- il Consenso Informato, Art. 1 L.219/2017 (1)
- il Diritto di Accesso alle Cure Palliative (L.38/2010) ribadito nell’Art.2 L.219/2017 (2)
Importanti sono anche le indicazioni riguardo le strutture pubbliche e il comitato etico: “[…] alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”. Su questo punto sarà necessario avere un maggior grado di approfondimento che potrà essere fornito dal testo integrale del pronunciamento.
Indubbiamente il problema è complesso, le dimensioni dell’analisi sono molteplici e il tema odierno è quello di riconoscere che:
- ogni persona affetta da una malattia inguaribile in fase avanzata ha il diritto di entrare in un percorso di Cure Palliative che risponda ai suoi bisogni;
- deve essere fatto quindi “ogni sforzo per implementare l’informazione ai cittadini e l’aggiornamento dei professionisti della sanità sulle disposizioni normative (L. 38/2010 e L. 219/2017) che attualmente garantiscono i diritti delle persone alle Cure Palliative certificate, e che queste siano effettivamente incrementate e accessibili a tutti coloro che le richiedono” (3)
- tuttavia, anche in un appropriato sistema di Cure Palliative, possono esserci persone che chiedono di anticipare la morte: il rifiuto di continuare a vivere può essere legato a condizioni di malattia sentite dalla persona malata come non dignitose e non coerenti con il concetto di vita e di vissuto.
La Corte Costituzionale ci ha posto di fronte ad una forse inaspettata evoluzione culturale, che pone al centro della questione l’autodeterminazione della persona malata e chiede al Parlamento di lavorare ad una nuova legge. Nuova perché riteniamo fermamente che la Legge 219/2017 sia da “proteggere” e non da modificare.
Auspichiamo che possa seguire un dibattito civile, aperto e rispettoso, oltre che basato su solide evidenze scientifiche per superare la confusione nella comunicazione di massa e nella discussione pubblica fra le Cure Palliative e la sedazione palliativa da un lato e l’eutanasia o il suicidio medicalmente assistito dall’altro; infatti, le Cure Palliative considerano la morte un evento naturale e non accelerano né ritardano la morte. Va ribadito che prima di prendere in considerazione un eventuale ricorso all’aiuto medico al morire va offerto ad ogni malato un efficace percorso palliativo.
Quello che ora attendiamo è poter esaminare nel dettaglio il contenuto della sentenza della Corte Costituzionale, che potrebbe essere disponibile tra qualche settimana.
Il Presidente SICP La Presidente FCP
Dr. Italo Penco Dott.ssa Stefania Bastianello
Note:
- “Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole”.
- Comma 1 “Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l’erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38.” Comma 2 “Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”.
- Tratto da Comitato Nazionale di Bioetica http://www.fedcp.org/news–menu/1369–comitato–nazionale–per–la–bioetica–parere–in–tema–disuicidio–medicalmente–html